Villa Celimontana
L'attuale Villa Celimontana è quanto rimane dell'originario giardino dei Mattei al Celio, costruito negli ultimi decenni del secolo XVI e oggetto di molteplici trasformazioni che ne hanno modificato completamente l'aspetto.
Ciriaco Mattei, artefice della profonda trasformazione del luogo, trasformò la vigna in un giardino ricco di statue e di fontane impegnando architetti, artisti e maestranze. La Villa rimase di proprietà della famiglia Mattei fino all'estinzione della linea maschile all'inizio dell'Ottocento. Dopo alcuni passaggi di proprietà, nel 1926 la palazzina Mattei venne consegnata al suo definitivo assegnatario, la Regia Società Geografica Italiana mentre il parco fu destinato a verde pubblico e nel 1928 aperto alla cittadinanza.
Dove si trova: Municipio I, Rione XIX - Celio
Epoca: XVI-XIX secolo
Estensione: 110.000 mq
Ingressi: via della Navicella, piazza SS. Giovanni e Paolo
L'area su cui si estende la villa, intorno alla chiesa di S. Maria in Domnica, occupata in epoca medievale e nel primo rinascimento da orti e vigneti, fu acquistata verso la metà del '500 da Giacomo Mattei, che la diede in dote alla figlia Claudia, sposa e cugina di Ciriaco Mattei, artefice della profonda trasformazione del luogo. Oltre a estendere la proprietà infatti, trasformò la vigna in un giardino ricco di statue e di fontane, profondendovi grande spesa e impegnando assiduamente architetti, artisti e altre maestranze.
I lavori ebbero inizio probabilmente nel 1572, ma la costruzione del casino, tradizionalmente assegnata nella fase iniziale a Jacopo Del Duca, allievo di Michelangelo, prese avvio solo dopo il 1577 e dal 1586 si avvicendarono alla sua realizzazione e alla progettazione di tutto il complesso altri artisti. Contemporaneamente alla costruzione della palazzina, probabilmente terminata entro il 1581, veniva realizzato il giardino pensile, a essa collegato, sostenuto da grandi muraglie, e sistemato verosimilmente anche il "teatro" o "prato", ossia il settore che occupava il lato sud-occidentale del giardino, reso nelle forme di un antico circo, con un emiciclo a gradinate, e sormontato da un'edicola in cui era "una testa grande di Alessandro Magno con il suo busto", mentre al centro, a mo' di spina, era stato innalzato l'obelisco egizio concesso dal Consiglio Segreto del Comune capitolino a Ciriaco Mattei. Fu poi realizzato un nuovo edificio, la "loggia che guarda verso S. Sisto", ornato con intonaci graffiti e altre pitture, destinato a sede espositiva per la ricca collezione di antichità del proprietario, che ebbe tuttavia vita breve. Di fronte a esso era un labirinto e, poco più in là, un boschetto con statue di animali in peperino dipinto, collocate anche in altri punti salienti del giardino o poste a ornamento di fontane.
Di grande effetto si presentava poi la sistemazione della pendice occidentale, articolata in un sistema di loggiati, balconi e scalee affacciato dal livello superiore, dove era la palazzina. Al lato di questa, sulle pendici, una loggia tra due padiglioni a uso di uccelliere, sovrastanti due piccoli ninfei dava accesso al viale sottostante chiuso sul fondo dalla Fontana del Fiume, con figura maschile sdraiata in peperino, unica superstite delle molte che decoravano la villa. Tale assetto sopravvisse integro pochi anni: già tra il 1620 e il 1623, in concomitanza dei lavori di ampliamento del casino, scomparve il padiglione superiore dell'uccelliera antistante la palazzina. Nel 1602 l'acquisto di sei once dell'Acqua Felice consentì infine di dotare la villa di fontane e giochi d'acqua. Da alcune testimonianze documentarie risulta che nel 1605 molte fontane erano già state realizzate: la Fontana dell'Idra, la Fontana della Natura, la Fontana di Bacco e la Fontana d'Atlante con la peschiera, purtroppo perdute. Pochi anni dopo la morte di Ciriaco, avvenuta nel 1614, il figlio Giovan Battista trasformò la palazzina da sede della collezione in residenza vera e propria, curando il rinnovo degli arredi e decorando con affreschi le volte dei nuovi ambienti creati. Morto costui nel 1624 senza figli, la villa passò ad Asdrubale, fratello di Ciriaco e da lui al figlio Girolamo che, alla morte del padre rimase l'unico proprietario di un notevole patrimonio di beni e possedimenti. Diede allora nuovo incremento ai lavori di risistemazione della villa, acquisendo nuovi terreni dalla parte di SS. Giovanni e Paolo e dotandola, tra il 1645 e il 1648, di nuove fontane, la "fontana dell'Aquila" e la "fontana del Tritone", entrambe disegnate da Gian Lorenzo Bernini, oggi non più esistenti. A lavori finiti, il nuovo giardino, nonostante la relativa esiguità, si presentava con un impianto a forma stellare, denominato "Piazza dei sedici viali", ispirato nel disegno alle nuove concezioni francesi. La villa rimase di proprietà della famiglia Mattei fino all'estinzione della linea maschile all'inizio dell'Ottocento, ma già nel 1770 erano state vendute da Giuseppe Mattei gran parte delle sculture antiche, che andarono a costituire il nucleo originario del Pio Museo Clementino in Vaticano.
Nel 1804, la villa fu ceduta all'arciduchessa Maria Anna d'Austria dall'ultimo Mattei di Giove, Giuseppe. Dopo altri brevi passaggi di proprietà, nel giugno 1813 venne acquistata dal principe Manuel Godoy y Alvàrez de Faria, principe della Pace, ministro del re di Spagna Carlo IV, che incaricò l'architetto catalano Antonio Celles di ampliare e regolarizzare la palazzina. Venne inoltre realizzato un nuovo percorso che collegava la piazzetta dove si trovava la fontana del Tritone (forse in quella stessa epoca distrutto), al centro della quale venne innalzata una colossale statua di Cerere (oggi sostituita da una Artemide), a una nuova grande piazza, nell'area del "belvedere" (presso cui una volta si ergeva il "Casino di San Sisto"), dove, nel 1817, fu collocato l'obelisco un tempo nel "prato". Afflitto dai debiti, Godoy nel 1834 cedette la Villa a Felice Trocchi, suo creditore, che a sua volta nel 1842 la rivendette alla marchesa Maria del Soccorso Tudo y Castelan e ai suoi figli marchesi Stefanoni. Nel 1851 la proprietà passò alla principessa Marianna d'Orange-Nassau, figlia di Guglielmo I re d'Olanda, e nel 1856, venne acquistata dalla principessa Laura di Bauffremont. Si decisero allora sostanziali lavori nel giardino, con nuovi viali curvilinei, ancora in parte esistenti, l'inserimento di boschetti e percorsi irregolari, e di alberature romane e "classicheggianti", quali lecci, cipressi e allori, con reperti antichi disposti in maniera più libera, quasi naturale, realizzando, così, una sorta di "giardino archeologico". Nel 1869 il complesso fu venduto al barone tedesco Richard Hoffmann, che dovette proseguire gli interventi già avviati dai Bauffremont sull'edificio, edificando, tra l'altro, l'edicola-tempietto in stile neogotico, addossata al muro di cinta sull'attuale via San Paolo della Croce.
Dopo la prima guerra mondiale, la Villa fu confiscata dallo Stato italiano che la incamerò come bene nemico, essendo la famiglia Hoffmann di nazionalità tedesca. Intanto, nel 1923, in previsione di un'imminente concessione, molte delle opere antiche esposte nel giardino, tra cui il celebre Sarcofago delle Muse, collocato sul piedistallo ora vuoto in fondo al viale dei Lecci, sopravvissute alla diaspora dei secoli precedenti, vennero rimosse e depositate al Museo delle Terme.
La palazzina Mattei, consegnata al suo definitivo assegnatario, la Regia Società Geografica Italiana, dopo alcuni lavori di sistemazione, il 7 giugno 1926 fu inaugurata come sede di quell'Istituto. Il parco intanto veniva destinato a verde pubblico: due piccole porzioni del giardino furono assegnate alla Stazione chimico-agrario-sperimentale, mentre l'area residua, cioè il parco, nel 1925 fu concesso in uso perpetuo al Governatorato di Roma, che ne prese possesso l'anno successivo, ma solo nel 1928 veniva deliberata l'apertura al pubblico della Villa, che fu allora dotata anche di illuminazione elettrica. Nel 1931, a compimento dei lavori di allargamento di via della Navicella iniziati nel 1926, l'ingresso principale fu abbellito dal portale della Villa Giustiniani-Massimo al Laterano, demolito nel 1885 e rimontato con alcune aggiunte.
Nel 2008 - 2009 è stato restaurato l'obelisco e nel 2010 il Ninfeo dell'Uccelliera.
Nel periodo marzo 2013 - giugno 2014 è stato realizzato il restauro ambientale di parte dell'area verde a cura del Dipartimento Ambiente - Verde pubblico.
Villa Mattei e il pellegrinaggio alle Sette Chiese
Ciriaco Mattei, con grande magnanimità, aveva concesso l'apertura del suo giardino al popolo romano, almeno una volta all'anno, in occasione del pellegrinaggio alle Sette Chiese istituito da San Filippo Neri: i fedeli infatti, a metà del percorso, avevano la possibilità di sostare nel "circo" di Villa Mattei e di consumare una refezione offerta dai padri Filippini, che consisteva in una pagnotta, vino, un uovo, due fette di salame, un pezzo di formaggio e due mele per ciascuno. La predisposizione della Villa in quella circostanza richiedeva una grossa organizzazione, arrivando ad accogliere fino a 3530 persone. Seguendo una rigida divisione per rango e ceto sociale, nel "teatro" semicircolare prendevano posto cardinali e prelati, nello "stazzo" i nobili e le persone qualificate e sul "prato" e nei viali tutti gli altri. Le zone erano delimitate da un'incannucciata, che veniva chiusa dopo l'entrata, e contraddistinte da biffe (paletti con i cartellini numerati).
L'obelisco
L'obelisco capitolino, giacente in terra presso l'Aracoeli ancora nel Cinquecento, dove era stato innalzato nel XIV secolo, è costituito da due monoliti, dei quali quello superiore, sormontato da una sfera in bronzo, decorato con geroglifici relativi al faraone Ramsete II (1290-1233 a.C.), l'inferiore invece, privo di iscrizioni, di epoca più recente. Proviene da Heliopolis e in epoca romana si trovava presso l'Iseo in Campo Marzio.
Ninfeo dell'Uccelliera
L’ambiente, un ninfeo a camera posto in origine al di sotto dell’uccelliera a destra del casino nobile, distrutta nel sec. XVIII, è uno dei pochi elementi sopravvissuti dell’assetto originario della Villa Mattei. La sua realizzazione risale ai lavori di sistemazione delle pendici occidentali del giardino, eseguiti tra il 1585 e il 1590. I continui rimaneggiamenti del muro di sostegno del terrazzamento superiore hanno cancellato ogni traccia del prospetto esterno del “ninfeo”, e, nella seconda metà dell'Ottocento, per motivi di dissesto statico, l'ambiente venne murato. Riscoperto fortuitamente durante i lavori per una conduttura d’acqua, dopo un attento restauro, oggi è stato reso praticabile dal viale sottostante, ripristinando l’antico accesso nel muro di sostruzione.
Lo spazio è composto da una gradonata, che sale dal livello del viale a metà circa del muro di sostegno, e da una camera semicircolare. La scala corre parallela al muro e presenta, all'attacco inferiore, un ambiente d’accesso decorato da mosaico pavimentale in tessere di marmo di vari colori raffigurante un’aquila, simbolo araldico della famiglia Mattei; giunge poi, al livello superiore, fino a un pianerottolo decorato da un mosaico pavimentale in tessere di marmo di vari colori a imitazione dei tavoli realizzati con mosaici di pietre pregiate di gran voga a Roma nella seconda metà del Cinquecento. Qui si apre un ninfeo absidato, ingentilito, nella parte inferiore, da decorazioni a tartari, con scaglie di marmo, cubetti di pomice e concrezioni calcaree; nella parte superiore da moduli geometrici e motivi a grottesche, caratterizzati da vivaci colorazioni ottenute mediante triturazioni di marmi colorati impastate a intonaco dipinto, il tutto arricchito da conchiglie di vario genere.
Lungo il perimetro dell’abside, una volta funzionante come fontana, sono posti graziosi sediletti in muratura ricoperti di peperino.
Sugli altri lati l’ambiente mostra delle chiusure: sul lato-palazzina sono evidenti, sotto la tamponatura, le tracce di gradini di un'altra scala che raggiungeva il terrazzo soprastante la distrutta “Loggia della Fortuna”, mentre sul lato-viale una seconda tamponatura chiude un finestrone ad arco che affacciava sul giardino sottostante, e sono rilevabili le tracce dell’attacco di un balconcino, documentato nelle vedute seicentesche di Giovanni Battista Falda.
IL NINFEO DELL'UCCELLIERA È TEMPORANEAMENTE CHIUSO AL PUBBLICO
Bibliografia essenziale
C. Benocci (a cura), Villa Celimontana, Torino 1991;
A. Cremona, Villa Mattei, oggi Celimontana, in V. Cazzato, M. Fagiolo, M. A. Giusti (a cura), Atlante delle grotte e dei ninfei in Italia. Toscana, Lazio, Italia meridionale e isole, Milano 2001, pp.179 -182
A. Cremona, Villa Celimontana, in A. Campitelli (a cura di), Verdi Delizie. Le ville, i giardini, i parchi storici del Comune di Roma, Roma 2005, Roma 2005, pp.27-36
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