Area Sacra di Largo Argentina

Tra il 1926 e il 1929 i lavori di demolizione del vecchio quartiere compreso tra via del Teatro Argentina, via Florida, via S. Nicola de' Cesarini e corso Vittorio Emanuele per la costruzione di nuovi edifici, riportarono inaspettatamente alla luce uno dei più importanti complessi archeologici della città: una vasta piazza lastricata su cui sorgono quattro templi, comunemente indicati con le prime quattro lettere dell'alfabeto, poiché la loro identificazione non è ancora del tutto certa.
Nel 1927, infatti, l’eccezionalità dei ritrovamenti aveva indotto il Governatorato a sospendere la concessione della licenza di costruzione e ad estendere le ricerche archeologiche.
L’area fu inaugurata il 21 aprile del 1929 da Benito Mussolini e da allora la sua sistemazione non ha subito modifiche di rilievo.
E’ da notare che la denominazione “Argentina” con cui è nota l’area archeologica, deriva da Argentoratum, attuale Strasburgo, città di origine di Johannes Burckardt (Giovanni Burcardo), cerimoniere di Alessandro VI Borgia,anche noto come il vescovo argentinensis. Egli infatti chiamò Argentina la torre inclusa nel suo palazzo di via del Sudario, oggi sede del Museo Teatrale.
Tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C. sull'originario piano di campagna, costituito da terra battuta e ghiaia fu costruito il tempio C. Posto su un alto podio di tufo e preceduto da una scalinata, era dedicato probabilmente alla dea Feronia. Il culto, originario della Sabina, sarebbe stato introdotto a Roma dopo la conquista di questo territorio ad opera di M. Curio Dentato nel 290 a.C.
Allo stesso livello del tempio C, alla metà del III secolo a.C. venne innalzato il tempio A. Di dimensioni molto più piccole del precedente, secondo alcuni studiosi è da identificare con il tempio che Q. Lutazio Catulo, console del 242 a.C., fece costruire in Campo Marzio in onore di Giuturna. Innanzi ai templi A e C furono rinvenute due piattaforme, cui si accedeva tramite quattro gradini, sulle quali erano posti due altari di peperino. L’altare davanti al tempio C è integro e reca l’iscrizione che ne ricorda il rifacimento ad opera di Aulo Postumio Albino, di quello davanti al tempio A, del tutto simile al precedente, si conserva invece solo la cornice inferiore.
All’inizio del II secolo a.C. fu costruito il tempio D, dedicato ai Lari Permarini o, secondo altre ipotesi, alle Ninfe.
Probabilmente dopo il devastante incendio del 111 a.C., fu messo in opera il primo pavimento, realizzato in lastre di tufo e steso sopra uno spesso strato di macerie, che innalzava l’intera piazza di circa m 1,40. A questo piano è legata la costruzione del tempio B, a pianta circolare su alto podio, preceduto da una scalinata fiancheggiata da due guance di tufo dell’Aniene. La maggior parte degli studiosi lo identifica con il tempio della Fortuna huiusce diei, fondato da Q. Lutazio Catulo, collega di Mario, dopo la battaglia di Vercelli del 101 a.C., che pose fine alla guerra contro i Cimbri. La dedica a una divinità femminile sembra confermata dal grandioso acrolito (statua con testa e parti nude realizzate in marmo, mentre il resto è in bronzo o altro materiale) di cui sono stati rinvenuti la testa, un braccio e un piede, oggi conservati nel Museo della Centrale Montemartini.
Nell’80 d.C. un altro furioso incendio, ricordato dallo storico Cassio Dione, devastò gran parte del Campo Marzio, compresa l’Area Sacra, che subì una ulteriore e più profonda trasformazione dovuta all’imperatore T. Flavio Domiziano. Le macerie furono nuovamente spianate e al di sopra fu costruito il pavimento in lastre di travertino, ancora visibile. Vennero ricostruiti anche il portico settentrionale e gli alzati dei templi.
Alcuni studiosi hanno voluto riconoscere nell’Area Sacra la Porticus Minucia Vetus, edificata dal console del 110 a.C. M. Minucio Rufo, dopo la vittoria sugli Scordisci. Tuttavia le caratteristiche del sito, privo ad esempio di portici su tutti i lati, come invece generalmente accade per le porticus antiche, rendono difficile questa identificazione.
All’inizio del V secolo l’area conservava ancora, nelle sue grandi linee, l’aspetto assunto con la ristrutturazione domizianea, ma nel corso di questo secolo deve avere avuto inizio il processo di abbandono e trasformazione degli edifici.
In particolare per la fase tardoantica - di cui vennero portati alla luce consistenti resti poi in gran parte distrutti - si può ipotizzare, sulla base della documentazione di scavo e delle strutture ancora visibili, che l’area fu occupata da un complesso monastico. Successivamente tra l’VIII e il IX secolo d.C. vennero realizzate imponenti strutture in grandi blocchi di tufo, forse case aristocratiche anch’esse molto sacrificate dalla sistemazione del 1929, che preferì riportare i quattro templi “al primitivo isolamento”, demolendo gran parte degli edifici posteriori che erano stati costruiti fra di essi.
Sempre al IX secolo appartengono le prime testimonianze dell’impianto di una chiesa all’interno del tempio A, che nel 1132 fu dedicata a san Nicola. Della fase di XII secolo restano l’abside, decorato con una teoria di santi, il pavimento cosmatesco e l’altare a cippo. La piccola abside, visibile sul lato sinistro della chiesa, è invece databile al XIV secolo.
A causa di lavori di restauro in corso l’area non è attualmente aperta al pubblico.
Aggiornamenti
18/02/2019
L’area sacra di Largo Argentina sarà accessibile e visitabile per la prima volta in modo sistematico da romani e turisti grazie a un nuovo atto di mecenatismo culturale. Una erogazione liberale del valore di 500.000 euro è, infatti, l’oggetto di una convenzione siglata tra Roma Capitale e Bvlgari che consentirà di effettuare una serie di interventi volti a una significativa valorizzazione del sito archeologico (per saperne di più)
14/04/2021
Entro metà maggio prendono il via i lavori per rendere accessibile e visitabile l'area (per saperne di più)